UE, servono 241 miliardi di investimenti nel nucleare entro il 2050
Il fabbisogno di investimenti per realizzare i piani degli Stati membri in materia di energia nucleare ammonta a circa 241 miliardi di euro fino al 2050, in uno scenario con una capacità nucleare di 109 GWe.
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E’ quanto emerge dall’ottavo aggiornamento del Programma Nucleare Illustrativo (PINC) della Commissione UE, un documento che risponde all’ambizione di diversi Stati membri di espandere la propria capacità nucleare, delineando le strategie necessarie per affrontare le sfide lungo l'intera filiera, dalla sicurezza alla gestione dei rifiuti.
Come previsto dall’articolo 40 del Trattato Euratom, la Commissione europea è tenuta ad aggiornare periodicamente il PINC, documento con cui Bruxelles punta a stimolare un’azione di sviluppo coordinato degli investimenti nell’energia nucleare, identificando al contempo le tendenze e le esigenze di finanziamenti nel settore, in base agli obiettivi di decarbonizzazione e alle finalità di REPowerEU e del Clean Industrial Deal.
Dopo aver lanciato una consultazione (conclusasi a maggio) per coinvolgere diversi stakeholder nell’aggiornamento del PINC, l’Esecutivo UE ne ha ora diffuso una prima versione, in attesa di poter divulgare quella definitiva dopo che avrà ricevuto il parere del Comitato economico e sociale europeo (European Economic and Social Committee).
L’aggiornamento del Programma avviene in un momento in cui diversi Stati membri stanno (re)introducendo l’energia nucleare nel proprio mix energetico per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, come nel caso dell’Italia. L'energia nucleare, scrive la Commissione, è riconosciuta come una fonte di energia pulita e a basso contenuto di carbonio, essenziale per fornire elettricità di base e migliorare l'integrazione del sistema energetico, facilitando la diffusione di altre tecnologie pulite.
Programma Illustrativo Nucleare aggiornato: evoluzione del settore e investimenti necessari al 2050
In base alle previsioni dell’Esecutivo europeo contenute nel PINC, entro il 2040 oltre il 90% dell’elettricità nell’UE sarà generata da fonti decarbonizzate, tra cui anche quella nucleare. Un sistema energetico diversificato è infatti necessario per garantire l’indipendenza energetica dell’Unione, in particolare dalle importazioni di gas russo.
Guardando alla diffusione attuale del settore, la Commissione evidenzia come, in base ai dati a fine 2024, nel territorio europeo (in particolare in 12 Stati membri) erano presenti 101 reattori nucleari, con una capacità netta installata di circa 98 Gigawatt elettrici (GWe). Dei numeri che indicano che già attualmente il settore riveste una certa importanza nel mix energetico europeo, tanto è vero che nel 2023 l’energia nucleare ha contribuito al 22,8% della produzione di elettricità in tutta Europa.
Con l’obiettivo di delineare l’evoluzione della capacità nucleare della regione fino al 2050, l’Esecutivo UE traccia nel documento uno scenario di riferimento “base case”, basandosi principalmente sui dati dei Piani Nazionali Integrati per l'Energia e il Clima (PNIEC) aggiornati dagli Stati membri e sui progetti di investimento notificati alla Commissione.
In base a tale scenario, nel 2050 l’UE dovrebbe raggiungere una capacità nucleare pari a 109 GWe da reattori nucleari di grandi dimensioni. Un risultato che dipende sostanzialmente da due fattori critici:
- l’estensione della vita operativa dei reattori esistenti, anche oltre i 60 anni (potenzialmente fino agli 80 negli scenari più ambiziosi);
- la realizzazione puntuale di nuovi reattori.
Il verificarsi dello scenario “base case”, sottolinea la Commissione, dipende quindi soprattutto da quanti investimenti destineranno i 27 a queste due azioni, oltre allo sviluppo di reattori nucleari di piccola taglia (SMR) e alla definizione di una strategia per la fusione nucleare nel lungo periodo.
Per far sì che tale scenario si realizzi, avverte Bruxelles, sarebbero necessari 241 miliardi di euro al 2050, di cui circa 205 miliardi per le nuove costruzioni di reattori su larga scala e gli altri 36 miliardi per le estensioni della vita operativa dei reattori esistenti.
Per quanto riguarda, invece, lo sviluppo di tecnologie innovative come i Small Modular Reactors (SMR) e gli Advanced Modular Reactors (AMR), la Commissione sottolinea nel PINC come siano delle soluzioni complementari che vanno incentivate al pari dei grandi reattori. Se sostenuti adeguatamente dalla strategia nucleare dell’UE, gli SMR potrebbero aggiungere tra 17 GWe e 53 GWe alla capacità nucleare entro il 2050, anche per la fornitura di calore a basse emissioni nell’ambito del comparto industriale, nonché per il teleriscaldamento urbano. Obiettivo dell’Esecutivo europeo sarebbe di rendere commercialmente operativi gli SMR all’inizio del prossimo decennio.
Relativamente, invece, alla fusione nucleare, la Commissione ha avviato il progetto pilota ITER in Francia, per studiare la fattibilità di replicare tale tecnologia in futuro, vista da Bruxelles come un mezzo decisivo per contribuire significativamente agli obiettivi climatici e industriali dell'UE nella seconda metà del secolo.
PINC: l’importanza di un settore nucleare sicuro e circolare
Un altro aspetto analizzato nel documento è la sicurezza nucleare, una priorità assoluta per Bruxelles e necessaria per rispettare “i più alti standard possibili”. Per raggiungere tale scopo, è fondamentale garantire un quadro normativo indipendente e, soprattutto, una gestione responsabile dei rifiuti radioattivi.
Rispetto al quadro normativo, la Commissione raccomanda alle autorità di regolamentazione nazionali - che godono di una certa autonomia in materia di energia nucleare - di disporre di risorse umane e finanziarie adeguate per formare una “coalizione di Paesi disposti” ad uniformare la normativa. Ciò avrebbe un impatto positivo, in particolare, sull’accelerazione dei processi di autorizzazione per le nuove installazioni di reattori.
Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti e la garanzia di alti livelli di sicurezza, invece, è fondamentale un'efficace “disattivazione” degli impianti e una gestione responsabile dei rifiuti e del combustibile esaurito. Gli Stati membri sono dunque incoraggiati a investire in infrastrutture per la gestione dei rifiuti, comprese le strutture di smaltimento geologico profondo, e a integrare i principi dell'economia circolare, massimizzando il riciclo e il riutilizzo dei materiali.
Lo sviluppo del nucleare come opportunità di lavoro
In tale contesto, evidenzia la Commissione nel PINC, oggi esiste una significativa carenza di manodopera qualificata nel settore nucleare, per cui entro il 2050 si stima che saranno necessari tra 180mila e 250mila di nuovi professionisti, oltre a quelli necessari per inserirsi nel ricambio generazionale. In tutto ciò, tra i 100mila e i 150mila lavoratori verranno impiegati per la fase di costruzione, 40-65mila per la manutenzione e altri 40mila per il settore del disarmo.
Nei prossimi anni la Commissione e gli Stati membri saranno chiamati dunque a sostenere l'attrazione di nuovi talenti e la formazione attraverso iniziative come le "Net-Zero Industry Academies" e programmi di ricerca e formazione Euratom.
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