De Michelis (DG Regio): pericoloso perdere la Coesione nel QFP 2028-34

Coesione - Photo credit: Parlamento Europeo - Photo credit: Photographer: Emilie GOMEZ Copyright: © European Union 2025 - Source: EPE' probabile che alla fine del negoziato sul bilancio UE post 2027 i fondi europei in gestione concorrente aumentino. Ed è possibile che i territori alla fine concorrano al governo delle risorse, grazie ai capitoli dei Piani di partenariato nazionali e regionali. Il rischio più grande è che a scomparire nel calderone del Fondo unico sia la Politica di Coesione.

Pressing del Comitato delle Regioni contro la centralizzazione della Coesione

E' questo, in entrema sintesi, il messaggio che si ricava dall'intervento di Nicola De Michelis, direttore per Crescita intelligente e sostenibile, attuazione programmi in Cipro, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna presso la Direzione generale per la politica regionale e urbana della Commissione europea, oggi tra i relatori del seminario “Governare il futuro: l’impatto del Quadro Finanziario sull’Europa delle Regioni” promosso da Informest, con il supporto di ANCI FVG, AICCRE FVG, ComPA FVG, e in collaborazione con la Fondazione Collegio Europeo di Parma.

La Politica di Coesione nel QFP 2028-2034

Il 16 luglio scorso la Commissione Europa ha presentato il suo pacchetto di proposte per il prossimo bilancio dell'UE, il Quadro finanziario pluriennale 2028-2034, che vale complessivamente 2 mila miliardi, si articola in quattro rubriche, al posto delle sette attuali, e taglia drasticamente i programmi, da 52 a 16.

Più in dettaglio, la prima rubrica “Coesione economica, sociale e territoriale, agricoltura e affari rurali, affari marittimi, prosperità e sicurezza” comprende l'European Fund for economic, social and territorial cohesion, agriculture and rural, fisheries and maritime, prosperity and security, ma anche le risorse per ripagare il debito contratto per finanziare i PNRR. Il maxi Fondo vale 865,7 miliardi, di cui 783 miliardi per i Piani di partenariato nazionali e regionali, 10,2 miliardi per il Piano Interreg e 71,1 miliardi per l'EU Facility. Nel National and Regional Partnership Fund (NRP Fund) confluiscono le risorse per coesione, agricoltura e zone rurali, pesca, sicurezza e difesa, migrazione, asilo e gestione delle frontiere, con una riserva di almeno 217,7 miliardi per le regioni meno sviluppate e una quota ring-fenced di 300 miliardi per il sostegno al reddito degli agricoltori.

La seconda rubrica, dedicata a Competitività, Prosperità e Sicurezza, fa perno sull'European Competitiveness Fund, il nuovo Fondo che assorbe 14 precedenti programmi a gestione diretta per rafforzare la base industriale e l'autonomia strategica dell'Unione, lasciandone una manciata autonomi, come Erasmus Plus e il nuovo Agorà. L'azione esterna va tutta sotto alla terza rubrica, Europa Globale, con al centro il nuovo Fondo Global Europe, mentre la quarta rubrica è dedicata alla macchina amministrativa.

Credit: Elisa Daffarra, Parlamento Europeo

Rispetto a questo impianto, ha spiegato la Direttrice per il Bilancio presso la Direzione Generale per gli Affari di Bilancio (DG BUDG) del Parlamento Europeo, Elisa Daffarra, il PE è fortemente critico, per diversi aspetti.

Anzitutto il budget: l'incremento di risorse per le nuove priorità, come la difesa, è positivo, ma non penalizzando le priorità storiche, come la Coesione e l'agricoltura. Considerando che generalmente il Consiglio rivede al ribasso le proposte della Commissione, la preoccupazione è che il livello di partenza sia troppo basso.

In secondo luogo, pur sottoscrivendo le priorità della semplificazione e della flessibilità, il Parlamento contesta l'architettura del QFP proposta dalla Commissione, la riduzione dei programmi e in particolare il consolidamento di 14 fondi attualmente gestiti a livello nazionale e regionale in un unico Piano per Stato membro, che lascia margini di libertà eccessivi ai 27, con il rischio di una rinazionalizzazione della Coesione e della PAC e di minare il principio della governance multilivello.

Tra l'altro, il passaggio da pagamenti a fronte di costi sostenuti a pagamenti a fronte dell'implementazione di riforme e investimenti al raggiungimento di target e milestone, come nel PNRR, rischia di andare a scapito del controllo e della trasparenza della spesa comunitaria, come anche dell'equilibrio istituzionale. Il PE non è responsabile dell'attuazione dei Programmi, ma è autorità legislativa, di bilancio e di controllo e la proposta della CE non tiene questi ruoli in dovuta considerazione, mentre attribuisce a sé stessa e agli Stati un ampio margine di manovra sia sui Piani di partenariato che sugli interventi di crisi, ha spiegato Daffarra.

Per approfondire: Il Parlamento europeo ha le idee chiare sul futuro della Politica di Coesione

Uno scenario che - ha sottolineato l'esperto di politiche di Coesione, Antonio Bonetti - era chiaro sin dalle mission letter dei commissari Fitto e Serafin, che facevano riferimento ad un Fondo unico per tutte le risorse pre-allocate agli Stati membri. Anche nella comunicazione sul futuro del QFP post 2027 la Commissione aveva chiaramente prospettato la gestione delle risorse mediante 27 National Plans, poi rinominati Piani di partenariato nazionale e regionale, a fronte della levata di scudi contro la centralizzazione dei fondi UE.

Nei fatti, però, il ruolo delle Regioni viene ridimensionato, ha sottolineato Bonetti. E, soprattutto, a guardare al regolamento del Fondo, gli obiettivi dei Piani di partenariato appaiono collegati più alle priorità della Commissione Europea per la legislatura 2024-2029 che alle esigenze dei territori, come normalmente avviene per i fondi in gestione concorrente. L'impressione, secondo Bonetti, è che si tratti di fondi semplicemente pre-allocati ai Paesi UE, con cui gli Stati membri e le regioni dovranno dare attuazione a politiche top-down pensate a Buxelles e lontane dagli obiettivi della Coesione come politica strutturale volta a ridurre i divari territoriali e a compensare gli squilibri nel mercato interno.

Per approfondire: NRP Fund: il regolamento del Fondo unico per i Piani di partenariato nazionali e regionali

De Michelis, la Coesione esce più fragile dalle proposte sul QFP 

Temi chiave del negoziato saranno, allora, il ruolo delle regioni e, soprattutto, il futuro stesso della Politica di Coesione. De Michelis ne aveva parlato già in occasione della conferenza organizzata il 6 maggio del 2024 dalle istituzioni europee in Italia con la collaborazione di FASI.

A distanza di un anno e mezzo, la proposta della Commissione sul QFP 2028-2034, ne conferma le previsioni, perché a determinare il nuovo assetto della Politica di Coesione sono due grandi tensioni individuate dal direttore della DG Regio già allora: da una parte, gli obiettivi che l'Unione vuole perseguire attraverso i fondi europei; dall'altra, la direzione impressa al governo delle risorse.

Lato obiettivi, la straordinaria pressione sul bilancio UE data dal debito contratto per finanziare Next Generation EU (circa 20 miliardi all'anno) si è combinata con l'emergere di nuove priorità politiche. Un cambio di narrazione legato al rapporto Draghi, che mette al centro dell'agenda europea la competitività e la concorrenza nello scenario globale, ma anche gli scenari di crisi, da quella sanitaria a quella energetica, e la preoccupazione crescente per la sicurezza e la difesa dell'Unione.

Lato governance, per De Michelis la proposta di pochi programmi a presidio centrale si ricollega alla volontà della Commissione di vincolare le risorse del bilancio UE alle priorità europee, e non necessariamente alle esigenze dei territori, di ancorare più strettamente la gestione delle risorse alle riforme indicate nell'ambito del Semestre Europeo, ma anche il clima di sfiducia che, in molti a Bruxelles, nutrono verso l'efficacia di una Politica di Coesione giudicata troppo frammentata e poco flessibile.

Il risultato è “una proposta molto diversa rispetto al passato”, in cui - ha spiegato De Michelis - “la Coesione esce più fragile”. Questa fragilità non riguarda tanto il fronte finanziario, perché al netto della quota per ripagare NGEU, si tratta di un bilancio sostanzialmente costante ed è molto probabile che nel negoziato i 27 spostino una quota di fondi dalla gestione diretta alla gestione concorrente. Anche rispetto alla governance multilivello, l'impatto potrebbe essere relativamente contenuto, perché, secondo De Michelis, ad un presidio più forte delle capitali nell'organizzare le risorse potrà affiancarsi un ruolo delle Regioni, attraverso i capitoli dei Piani di partenariato, almeno in paesi come Italia, Germania e Spagna.

Ciò che cambia, ha sottolineato il direttore della DG Regio, è soprattutto il cambio di paradigma negli obiettivi che deriva dal raggruppare tutti i fondi europei pre-allocati agli Stati membri “in un minestrone incomprensibile”. Questo suscita almeno due grandi interrogativi. Il primo è “se la Coesione come politica volta al contrasto delle disparità sia ancora al centro del bilancio”. Di fatto, al netto dei 217 miliardi riservati alle regioni meno sviluppate, la Coesione, come politica per la crescita di tutte le regioni e per le relative sfide, non dispone di una dotazione blindata.

Il secondo è “se questo sistema", che assegna risorse agli Stati membri dicendo “vedete voi”, alla fine "non porrà tensioni difficilissime da risolvere negli Stati membri, rimandando a livello nazionale l'agenda delle priorità”. E' il rischio di competizione tra territori, agricoltori e altre priorità politiche denunciato da tempo dal Comitato europeo delle regioni.

Quel che è certo, per De Michelis, è che l'Europa non può fare a meno della Coesione e di un ruolo redistributivo del bilancio UE per compensare le differenze nel mercato unico. Tutti devono sentire, ha detto citando l'ex commissario Thomson, che l'UE ha interesse a migliorare le condizioni di vita della sua comunità, pena l'acuirsi delle tensioni sociali e l'indebolimento del progetto europeo.